La Pira, Pacem in Terris “Enciclica per il nostro tempo”
Giorgio La Pira,”Enciclica per il nostro tempo”, in: Lettera Enciclica Pacem in Terris, testo latino e versione italiana. Scritti introduttivi di Ernesto Balducci e Giorgio La Pira, Morcelliana, Brescia, 1963, 15-19
Per comprendere il valore soprannaturale e storico di questa nuova Enciclica di Giovanni XXIII, bisogna situarla — come già facemmo per la Mater et Magistra — nel contesto della Storia presente della Chiesa e delle Nazioni. Essa, infatti, è in rapporto organico, profondo, con la stagione attuale della Chiesa e dei popoli: si radica, per così dire, nella terra tanto misteriosa e feconda di questa stagione. Di questa stagione storica è essa stessa, nel medesimo tempo, un segno rivelatore ed uno strumento edificatore: strumento, al tempo stesso, di semina e di mietitura.Situata in questo contesto prospettico della storia presente e futura della Chiesa e delle nazioni, questa Enciclica mostra una struttura inedita e singolare per documenti di questa natura: mostra, cioè, la struttura di un manifesto: il manifesto, per così dire, del mondo nuovo: un manifesto con cui Giovanni XXIII invita tutti gli uomini e tutti i popoli — senza discriminazione – e senza esclusione alcuna: cattolici e non cattolici; battezzati e non battezzati; credenti e non credenti — a dare il loro contributo per l’edificazione della nuova casa mondiale dei popoli: una casa che, a partire da oggi e pel corso indefinito delle generazioni e dei secoli, è destinata ad ospitare, nella feconda pace e nella articolata unità, l’intiera famiglia delle genti. Questa Enciclica ha la struttura di « manifesto » : un manifesto dominato da tre idee direttrici che, come tre pilastri e come tre lampade, internamente lo strutturano e lo illuminano.
La prima idea, base e punto di partenza di tutto il documento è quella della unità organica — e, perciò, articolata e solidale — della intiera famiglia delle nazioni. Il corpo della famiglia umana è unitario come è unitario il corpo intiero della creazione! La legge dell’ordine — cioè, appunto, dell’unità articolata — presiede così alla creazione della famiglia degli astri come a quella della famiglia degli uomini. Ecco l’idea base dell’Enciclica. Non si dimentichi la coincidenza non casuale, ma voluta, con la ricorrenza del Giovedì santo: cioè del giorno sacro della rivelazione del Corpo mistico («io sono la vite, voi i tralci») della preghiera dell’unità (per la Chiesa e per il mondo), e dell’istituzione dell’Eucaristia: sacramento dell’unità della Chiesa e dell’illuminazione dei popoli.
La seconda idea, è dettata da una constatazione che è insieme, per così dire, « profetica » e storica : cioè dalla constatazione del fatto che il genere umano è entrato in una stagione storica totalmente nuova e di dimensioni sconfinate: stagione nella quale, malgrado immense resistenze, si sanano irresistibilmente le fratture che avevano spezzato nei secoli scorsi l’unità della Chiesa e del mondo. Una stagione, perciò, nella quale questa unità della Chiesa e di tutto il genere umano viene irresistibilmente ricomposta. L’albero dell’unità dei popoli rifiorisce: e rifiorisce, con esso, « ineluttabilmente », l’ulivo della pace. La guerra è tìsicamente impossibile (sotto pena della distruzionefisica della terra): il negoziato, il disarmo, la pace, sono perciò inevitabili: non c’è — provvidenzialmente — alternativa al negoziato ed alla pace. Questa fioritura dell’albero dell’unità e dell’ulivo della pace costituisce il più manifestativo, in certo senso, segno dei tempi: il segno, cioè, che definisce in modo inequivocabile la stagione di primavera e di estate (per usare la celebre immagine di Pio XII) in cui ha già fatto ingresso (malgrado tutto!) la storia della Chiesa e del mondo. Non è un caso, ma una provvidenziale indicazione, il fatto che proprio in questa stagione è fiorito e fiorisce il Concilio Ecumenico Vaticano II: cioè, in certo senso, il segno più chiaro e lo strumento più efficace della ricomposizione dell’unità nella famiglia cristiana dei popoli: e non solo in essa: ma altresì, in un certo modo, nella intiera famiglia dei popoli di Abramo e nella intiera famiglia degli uomini.
A questo tanto marcato « segno dei tempi » si coordinano — come l’Enciclica fa — altri segni: essi pure determinanti per la definizione di questa nuova stagione storica del mondo. E cioè, l’ascesa non solo economica, ma altresì sociale, culturale e politica (quali soggetti della storia!) delle classi lavoratrici; l’ingresso della donna nella vita pubblica, l’irresistibile ascesa storica — quindi politica, oltreché economica, sociale e culturale — dei popoli nuovi: dell’Africa, dell’Asia e di ogni continente. Una stagione storica nuova perciò è sorta: questa genesi è constatabile: segni inequivocabili la manifestano: gli agricoltori — cioè tutti popoli, tutti gli uomini e in primo luogo le loro guide devono, nel-pensiero e nell’azione, adeguarsi ad essa. Come? Tessendo un vestito nuovo — non mettendo toppe nell’antico! — adatto al nuovo, tanto accresciuto, corpo delle nazioni. Costruendo per i popoli di tutta la terra una casa mondiale nuova: una casa, cioè rinnovata in tutti i suoi piani (da quello economico a quello sociale, culturale, giuridico e politico) ed estesa a tutto il pianeta.
Ma — ed ecco la terza idea dominante dell’Enciclica — perché questa casa sia bene costruita e possa attraversare in pace i secoli ed ospitare in pace le generazioni, è necessario che essa poggi sopra la roccia. Sia cioè costruita sopra la roccia infrangibile ed immutabile della natura umana, una natura ferita dal peccato ma sanata ed elevata dalla grazia e dalla gloria. In questa natura umana, e nelle sue leggi immutabili, si radicano, per tutti i tempi, e per tutti i popoli, — e perciò anche per questo tempo nuovo dell’atomo e dello spazio — i diritti ed i doveri essenziali tanto della persona quanto della società, in tutte le sue articolazioni: da quella familiare a quella cittadina, regionale, nazionale, continentale e mondiale. Casa, perciò, a dimensioni mondiali, costruita sulla roccia della natura e non sulla sabbia delle ideologie: ideologie tutte destinate — per la loro stessa struttura — ad essere internamente decomposte e storicamente sorpassate: e ciò anche quando —come è avvenuto nel nostro tempo — esse sono state all’origine di crescite storiche di immensa portata. L’Enciclica esplicitamente lo dice : « Non si possono identificare false dottrine filosofiche sulla natura, l’origine ed il destino dell’universo e dell’uomo, con movimenti storici e finalità economiche, sociali, culturali e politiche, anche se questi movimenti sono stati originati da quelle dottrine e da esse hanno tratto e traggono tuttora ispirazione. Giacché le dottrine elaborate e definite rimangono sempre le stesse; mentre i movimenti suddetti, agendo sulle situazioni storiche incessantemente evolventisi, non possono non subirne gli influssi e, quindi, non possono non andar soggetti a mutamenti anche profondi ».
Ecco le tre idee direttrici, i tre pilastri, le tre lampade, in questo manifesto. Un manifesto che invita tutti gli uomini a portare la loro pietra all’edificazione di questa nuova pacificata casa universale dei popoli. L’età della divisione e della guerra è per sempre finita : quella del dialogo e della collaborazione fra tutti gli uomini e tutti i popoli è perciò aperta: bisogna ora avere l’ardimento di cominciare questa edificazione nuova, destinata ad ospitare tutte le generazioni e ad attraversare davvero una serie indefinita di secoli. Questo è il senso di questa Enciclica del giovedì santo del 1963. Manifesto del mondo nuovo: segno e strumento insieme della genesi e dello sviluppo della stagione nuova della Chiesa e del mondo. Accettare questo invito di Giovanni XXIII; leggere questo manifesto; e murare ciascuno la propria pietra per la casa nuova degli uomini, ecco il dovere umano di tutti.
GIORGIO LA PIRA